IL VOODOO
Il Benin è la culla del voodoo e il teatro, per quasi tre secoli, delle tristi vicende storiche legate alla tratta degli schiavi. L’impatto più forte con le tradizioni magiche di questo paese e con la sua storia si avrà visitando la città portuale di Ouidah.
Situata a circa 42 km da Cotonou, questa tranquilla cittadina nasconde una storia drammatica e conserva la terribile memoria di popoli interi, deportati verso le Americhe dal XVII alla fine del XIX secolo, i quali venivano imbarcati sulle navi che attraccavano di fronte alla spiaggia.
Oggi ripercorrere i 4 km di strada (la Route des Esclaves) che portano dalla Place Chachaalla spiaggia, significa ripercorrere con la memoria il triste destino di 12 milioni di schiavi, dapprima venduti all’asta sulla piazza, costretti a girare incatenati attorno ad un albero per dimenticare la terra che stavano lasciando, oggi sostituito dal commemorativo Albero dell’Oblio, e infine essere imbarcati sulle navi che partivano dal litorale, nel punto in cui oggi sorge il memoriale Porta del Non Ritorno.
Legata alla tratta degli schiavi è anche la tradizione religiosa dei riti voodoo, fortemente radicata nella cultura del Benin. Questo venne introdotto a Cuba e ad Haiti dagli schiavi ewe e fon catturati e venduti dal regno di Dahomey e qui si amalgamò al cattolicesimo. Originariamente era chiamato vodun in Benin e in Togo e significava ‘ciò che è nascosto’, ‘misterioso’.
Il 10 gennaio il popolo del Benin si riunisce a Ouidah dove va in scena il festival voodoo più importante del Centro Africa, l’evento più atteso dell’anno nel piccolo Paese che si affaccia sull’Oceano Atlantico.
Bonghi e tamburi suonano incessantemente. Uomini e donne mascherati invocano le forze della natura. Alcuni di loro cadono in trance e ballano vorticosamente, roteando su se stessi. E’ il momento in cui si rievocano antichi culti ancestrali e usanze tramandate dai vecchi antenati del Regno del Dahomey (così si chiamava il Benin fino al 1960).
L’INVOCAZIONE DI MAWU. Il voodoo riconosce l’esistenza della divinità superiore Mawu. I sacerdoti juju vengono consultati per le loro capacità comunicative con gli spiriti e per intercedere presso di loro. Questa comunicazione avviene tramite possessione spiritica e comporta spesso l’offerta di sacrifici di vino di palma, polli e capre. Durante il periodo marxista in Benin, nella seconda metà del ‘900, il voodoo venne bandito, ma nel 1996 è stato formalmente riconosciuto come religione di Stato. E’ da allora che il 10 gennaio è considerata festa nazionale e a Ouidah si svolge il Festival.
LA PROCESSIONE ALLA PORTA DEL NON RITORNO. Le cerimonie durano l’intera giornata, fino a tarda notte. Si svolgono nei pressi della spiaggia della città. Danze e libagioni aprono la mattinata. Ma è nel pomeriggio che il clima inizia a surriscaldarsi. Il momento più atteso è la lunga processione degli adepti. Alcuni a piedi, altri in moto, altri ancora in taxi brousse, si spostano verso la “porta del non ritorno”. Si tratta di un grande arco costruito dall’Unesco nel punto d’arrivo sulla spiaggia della «route des esclaves», la strada degli schiavi. Che dovevano percorrere a piedi i quattro chilometri che separano Ouidah dal mare. Qui decine di migliaia di africani sono stati stipati sulle navi e mandati verso le Americhe. Durante il corteo gli adepti sono vestiti in costumi tradizionali, il bianco è il colore dominante, insieme con le perline colorate. Il festival ha il suo culmine con l’arrivo della Dagbo Hounò, il feticheur capo di Ouidah che evoca antichi spiriti e guida le danze.
NELLE TENDE TRA BALLI E GUARITORI. L’altra particolarità della manifestazione è la visita del pubblico alle tende ornate di bandiere, che rappresentano ogni setta della città. Ad ognuna è assegnato un cortile. Ed è in questi spazi che i ritmi frenetici dei tamburi e dei canti dei seguaci aiutano a invocare lo spirito voodoo che prende possesso di alcuni ballerini. Il risultato è la caduta in uno stato di profonda trance. Sempre nei pressi delle tende, guaritori tradizionali trattano malattie con le erbe locali e offrono sacrifici ai numerosi altari fetish che riempiono i rispettivi cortili. Il sacerdote feticcio si rivolge al Dio “Fa”, una divinità esoterica consultata dalla gente per risolvere i problemi della vita quotidiana. Il guaritore è un mediatore: ne interpreta le risposta e la trasferisce all’adepto.
SANGUE E SCENE CRUENTI. Le cerimonie a volte possono assumere anche forme molto cruente. Spesso i seguaci cadono in trance e diventano insensibili al dolore. Durante il ballo si tagliano con oggetti appuntiti o si rompono in testa delle bottiglie. Sanguinano ma continuano a danzare come nulla fosse. Non mancano esecuzioni anche macabre di cani, gatti, capre. Vengono sgozzati e offerti alla divinità invocata di volta in volta. E non di rado vengono sfilacciati e forati con grossi coltelli i feticci, oggetti inanimati in cui si dice che risiedono gli spiriti. La violenza contro il feticcio è tanto più cruenta se lo spirito è malefico ed evoca possessioni demoniache.
UNA VISITA AL TEMPIO DEI PITONI. Il soggiorno per il festival voodoo si può integrare con una visita ai luoghi della magia a Ouidah. Come il Tempio dei Pitoni dedicato al serpente Dangbè, venerato in città da secoli, dove si trovano decine di pitoni custoditi con estrema cura dai sacerdoti perché ritenuti sacri. La quota per ogni visita è di 1000 franchi (circa 3 euro), ma per una donazione aggiuntiva i visitatori possono avere una fotografia con un pitone avvolto intorno al collo. Il tempio (che si trova di fronte alla Basilica di Ouidah) è aperto tutti i giorni.
UN MUSEO E UNA FORESTA DEDICATA AL VOODOO. Dal tempio ci si può spostare a La Maison de Brasil, museo che espone opere della cultura voodoo e legata alla tratta degli schiavi. L’attenzione è catalizzata dalle immagini degli schiavi che, un bastone in bocca e le mani legate dietro la schiena, andavano incontro al loro destino. La casa era la residenza del governatore brasiliano, e si trova nei pressi del carcere civile. Il biglietti d’ingresso costa 1.000 franchi (circa 3 euro). Un’altra tappa si può dedicare al Sacro Bosco di Kpassè Zoun, foresta di enormi alberi secolari, accompagnati da sculture in legno che rappresentano divinità voodoo. Un grande albero di Iroko si dice sia il luogo dove re Kpassè, fondatore di Ouidah, si trasformò in un albero per sfuggire ai suoi nemici.